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lunedì 24 ottobre 2016

Scoprire e Coltivare il proprio Talento!



Diverse persone hanno e sentono parlare di talento ed alcune, possono credere di averlo.

Tuttavia definire esattamente cosa sia quella particolare capacità definita “talento” potrebbe essere difficile, o spesso fuorviante. Esistono infatti molti preconcetti e  credenze errate a riguardo.




Innanzitutto, si tratta di qualcosa di intrinseco? E se si, perché non si vede il dono che una persona ha, o dovrebbe avere, dalla nascita?
La verità è che tutte le persone hanno un certo talento e ci sono alcuni che ne hanno molti. La cosa più importante per qualsiasi persona è quello di identificare e sviluppare il talento che è in loro e condividerlo con il mondo.
Premesso questo, cerchiamo di definirne innanzitutto il concetto. Sfatiamo un mito, il mondo tende a rendere omaggio solo a quei talenti che intrattengono e fanno spettacolo. Che si tratti di un talento per il ballo o per l’atletica, i talenti che ottengono i massimi elogi sono quelli che lasciano gli altri con un senso di stupore e meraviglia. Ora, non c’è nulla di male ad avere una bella voce che canta, ma il talento non dovrebbe essere definito solo come la capacità di emozionare un pubblico. Questi talenti possono avere maggiori potenzialità di guadagno monetario e fama in tutto il mondo, ma il talento ha un significato molto più significativo di contratti multimilionari!
Il talento, semplicemente, è un particolare tipo di intelligenza che vive in noi. Si tratta di una comprensione naturale e innata su come svolgere una determinata attività, come realizzare qualcosa, o anche come far felici gli altri.
Se pensiamo di voler stilare una lista di possibili tipi di talenti è cosa ardua, cerchiamo di ragionare per macro-categorie.
Si può avere, ad esempio, un talento linguistico (scrivere o parlare bene la propria lingua o le lingue straniere); un talento musicale (e quindi cantare o saper suonare uno strumento); un talento che ci permette di comunicare bene con gli altri (tipica dei grandi oratori); o ancora un talento matematico, che permette di eseguire calcoli complessi, o problemi di finanza o ancora ingegneria. Anche un coraggio innato, la capacità di ragionare sull’esistenza a livelli filosofici, le capacità creative o un’innata propensione per i nuovi media sono talenti.
Le esperienze di vita che facciamo ci danno la possibilità di osservare il nostro mondo interiore più da vicino. A volte è necessario prenderci del tempo per riflettere con noi stessi, per conoscerci meglio e per comprendere di che “pasta siamo fatti” e di che “sostanza” abbia il nostro talento. La sfida successiva sarà poi quella di trovare il nostro personale modo per realizzarlo, ma il punto centrale è la consapevolezza di ciò che di unico ci riconosciamo.

Insomma, esistono migliaia di talenti diversi, e la missione di ciascuno di noi è scoprirli e coltivarli.

giovedì 11 agosto 2016

Crescere professionalmente investendo su se stessi!


Dopo aver fatto sempre la stessa cosa nello stesso modo per due anni, inizia a guardarla con attenzione. Dopo cinque anni, guardala con sospetto. E dopo dieci anni, gettala via e ricomincia di nuovo tutto.
(Alfred Edward Perlman)



Investire su te stesso: questo sicuramente il motivo principale del tuo successo! Quando svolgiamo il nostro lavoro spesso e volentieri tante cose non ci piacciono. Dobbiamo imparare a capire che non è necessario che tutto quwello che facciamo, che tutto quello che ci circonda ci deve piacere. E’ sufficiente che il 20% del nostro lavoro ci soddisfi, ci gratifichi, ci dia lo stimolo giusto per amare ciò che facciamo.
Riportiamo alcuni suggerimenti che possono aiutarci nella crescita professionale.
Accettare le sfide. Sedersi sugli allori può essere comodo, ma certamente non è utile. E’ bene accettare le sfide, delegare il meno possibile. L’obiettivo è imparare cose nuove e mettersi alla prova dal punto di vista emotivo.
Trasformare i fallimenti nelle opportunità. Il miglior maestro in alcuni casi è il fallimento. E’ possibile imparare molto dai propri fallimenti. Per esempio, come non commettere più un certo tipo di errori.
Avere fiducia in se stessi. La “self confidence” può essere allenata come se fosse un muscolo. Occorre ovviamente lavorare su se stessi ma i risultati sono presto tangibili: chi ha fiducia in se stesso, ispirerà fiducia negli altri (e verrà seguito con maggiore convinzione).
Essere ottimisti. E’ anche questa una questione di leadership. Gli ottimisti attirano più simpatie dei pessimisti, ma l’ottimismo si rivela funzionale anche al raggiungimento degli obiettivi. Solo chi è capace di vedere il lato positivo delle cose è capace di cogliere il dettaglio per la soluzione di un problema.
Accettare le critiche. Il nostro punto di vista su noi stessi è giocoforza parziale, soggettivo. Per quanti sforzi possiamo fare, è necessario un parere altrui. Se critico (e critico in maniera positiva) ancora meglio.
Farsi consigliare da qualcuno. Nessuno nasce imparato, dunque è bene fare tesoro di ogni esperienza. Anche dell’esperienza altrui. Per questo è bene cercare un mentore, una figura di ispirazione, e instaurare una sorta di rapporto tra maestro-allievo.
Essere flessibili. La flessibilità è importante perché consente di affrontare in modo efficace gli imprevisti. Allenarsi prima a sopportarli e poi a sfruttarli per i propri scopi giova al proprio business e alla propria stabilità emotiva.
Prestare attenzione ai risultati. Quando le proprie azioni sono influenzati dai risultati raggiunti, lo spreco di tempo e di risorse si riduce. Il consiglio è quindi quello di “rimanere sul pezzo”.
Essere ambiziosi. Non tutti sono ambiziosi, c’è gente che si accontenta. Eppure chi si accontenta non migliora. Una sana ambizione contribuisce a formare se stessi – perché pone in essere sfide potenzialmente formative – e a crescere professionalmente. Spesso, la differenza tra un dipendente promosso e uno non promosso è il fattore “lo voglio”.
Essere diplomatici. Ambizione, focus sui risultati, sfide e opportunità. In queste situazioni nessuno è mai solo. Competitor e alleati sono sempre presenti. Quindi è bene essere diplomatici, e affinare le proprie tecniche di persuasione.


lunedì 27 giugno 2016

L’unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che si fa!

Passione e professionalità sono i due elementi chiave.



“Il lavoro non mi piace, non piace a nessuno, ma a me piace quello che c’è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi” – J. Conrad. Con questa citazione iniziamo a parlare di passione, passione per il proprio lavoro. Un lavoro che nasce dalla voglia di investire su se stessi, sulle proprie competenze e sullo quello che piace fare. Non sempre è semplice essere dei bravi professionisti; essere solo bravi in termini di competenze non è sufficiente, e bisogna dare un tocco di personalità per esser in toto un bravo professionista.
Andiamo a vedere singolarmente questi due elementi: il primo è la passione.
È facile riconoscere chi fa il  proprio lavoro per passione da chi invece lo svolge senza entusiasmo. In che modo è possibile fare questa distinzione? Chi lavora con passione è colui che quando paragona il proprio lavoro con quello di chiunque altro, sente che non cambierebbe strada per nessun motivo al mondo, anche se lo scambio potrebbe apparire di primo acchito allettante.  La passione è un elemento che fa incredibilmente la differenza nello svolgimento di un lavoro: di certo non annulla la fatica o lo stress, ma rende tutto questo più sopportabile perché ogni sacrificio è fatto in nome di un progetto più grande, è fatto per inseguire un obiettivo stimolante. Esercitare una professione appassionante vuol dire poter affrontare ogni nuovo giorno con il sorriso: anche le sfide lavorative più ardue diventano infatti un’occasione per misurarsi con se stessi in un campo che si trova congeniale, su un terreno professionale che si può chiamare casa, senza aver paura di esagerare.
Il secondo elemento è la professionalità.
Essere professionali non significa essere seri: indica che in ogni momento bisogna tener presente che si sta facendo qualcosa con uno scopo ben preciso e che bisogna farlo nel migliore dei modi. E ancora, vuol dire  capire che la professionalità richiede tempo e che si può essere professionisti solo in un settore: il resto è meglio farlo fare a chi è del mestiere.
Essere professionali, quindi, significa capire in che cosa si è esperti e delegare a professionisti i lavori per i quali non si è esperti. E’ rispettare gli altri, mantenere criteri di affidabilità, puntualità e correttezza. E’ il connubio di questi due fattori uniti alla propria personalità – quel tocco che realmente fa la differenza – portano alla strada del professionalità.

Claudia Siniscalchi


giovedì 12 maggio 2016

Qualità in Azienda!

Iniziamo con questa parola: QUALITà!
Oggi parliamo proprio di qualità, qualità del tempo impiegato, delle risorse utilizzate e della pianificazione in azienda.
Innanzitutto: qualsiasi caratteristica, proprietà o condizione di una persona o di una cosa che serva a determinarne la natura e a distinguerla dalle altre, questo è il significato della parola qualità.

Le aziende hanno, da tempo, "sentito" parlare di QUALITÀ TOTALE, ma non tutte le aziende che hanno impostato programmi di Qualità Totale sono soddisfatte dei risultati raggiunti, facendo, di conseguenza, bloccare diversi programmi.  La causa, a mio avviso, è da ricercare nella non corretta applicazione di due principi fondamentali che possono essere così sintetizzati:
  • mettere la qualità al primo posto, intendendo per qualità la soddisfazione del cliente, dal cliente finale a quelli interni;
  • agevolare il cambiamento culturale dell'azienda e dei suoi uomini, a cominciare dalla Direzione aziendale che dovrebbe far passare l'azienda da "una vita da parrocchia", che è alla base della struttura gerarchica, dove ogni settore vive la propria vita senza preoccuparsi di quella degli altri, ad "una vita per processi", dove tutti gli interessati al processo sanno cosa succede a valle e a monte, anche in riferimento ai loro comportamenti.
Ne consegue che la gestione delle risorse umane deve essere rivolta a creare un clima partecipativo, che consenta di avere:
  • il decentramento delle responsabilità (delega).
  • Non più esecutori passivi, ma persone responsabili che sanno sempre quello che fanno (contenuto); perché lo fanno (obiettivo); come farlo (metodologia).
  • L'importanza di fare bene il proprio lavoro e le implicazioni causate da ogni loro ritardo ed errore.
  • Introdurre miglioramenti (miglioramenti continui con grande attenzione ai costi), un sistema di controllo per eccezioni ed avere molta cura nella fase preliminare ossia,  pensare molto ed approfondire bene il problema prima di tentarne la soluzione.
Quando un'azienda ha fatto propri questi due principi sicuramente è in grado di avere sempre maggiori successi ed in particolare di ottenere il miglioramento delle quote di mercato, del profitto e una costante attenzione ai costi, sia diretti che indiretti.
E per questo è necessario che i principi della Qualità Totale siano voluti e sentiti dalla Direzione aziendale e che tale intendimento sia trasmesso a tutta l'azienda. 
Quando si parla di impostare un programma di Qualità Totale, bisogna sempre chiedersi se l'azienda è pronta, come si è detto, dal punto di vista culturale, oltre che organizzativo, per acquisire e gestire queste metodologie. Il primo passo quindi per avviare un discorso di questo tipo è capire se vi è un ambiente adatto a far vivere la Qualità Totale.
È in questo contesto che emerge la necessità di misurare il clima aziendale.


Il clima aziendale è un sistema di percezioni condivise relativamente ai fenomeni organizzativi.  E' il modo  in cui i soggetti percepiscono l'organizzazione ed in particolare, quali sono le loro credenze, le aspettative, gli atteggiamenti, come vengono interpretati gli eventi, quali sono i bisogni, i sentimenti, cosa viene dato per scontato, quali sono i comportamenti attesi e quali premiati.


Il clima, che è innanzitutto una delle caratteristiche essenziali di ogni organizzazione ed esercita un'influenza da non sottovalutare. Dipende dal modo in cui vengono trattate le persone, o meglio da come le persone percepiscono ed interpretano il modo in cui vengono trattate. Il clima organizzativo deriva, in parte, dalla rappresentazione che i soggetti hanno della "realtà", cioè dallo schema che guida le loro interpretazioni nel permanente tentativo di comprendere e dare un significato agli eventi. 
Un buon clima quindi permette all'organizzazione di raggiungere più facilmente i suoi obiettivi ed ottenere dei buoni risultati in termini di efficienza (prestazione/costi), oltre che in termini di armonia interna.
Sono numerosissime le variabili che possono essere considerate influenti per l’oggetto del tema in questione. Dopo numerose indagini e ricerche, sono emerse, per l'importanza che hanno avuto nell'influenzare il clima organizzativo, dieci variabili:
  • ambiente fisico di lavoro;
  • flusso e fluidità del lavoro (processo);
  • immagine aziendale;
  • informazioni concernenti il lavoro (il contenuto);
  • interesse al lavoro;
  • rapporti interfunzionali;
  • rapporti con la gerarchia;
  • rapporti interpersonali;
  • qualità totale;
  • supporto alla creatività e al cambiamento.

Tratta le persone come se fossero ciò che vorrebbero essere e le aiuterai a diventare ciò che possono essere – Goethe  - 

giovedì 21 aprile 2016

L'equilibrio tra professionalità e passione è la strada che porta al successo!




Non sempre è semplice esser dei bravi professionisti. Esser solo bravi in termini di competenze non è sufficiente: bisogna dare un tocco di personalità per esser in toto un bravo professionista.

Andiamo a veder singolarmente questi due elementi.




PASSIONE.
È facile riconoscere chi fa il  proprio per passione da chi invece lo svolge senza entusiasmo. In che modo è possibile fare questa distinzione? Chì lavora con passione è colui che quando paragona il proprio lavoro con quello di chiunque altro, sente che non cambierebbe strada per nessun motivo al mondo. Anche se lo scambio potrebbe apparire di primo acchito allettante. 
La passione è un elemento che fa incredibilmente la differenza nello svolgimento di un lavoro: di certo non annulla la fatica o lo stress, ma rende tutto questo più sopportabile perché ogni sacrificio è fatto in nome di un progetto più grande, è fatto per inseguire un obiettivo stimolante.
Esercitare una professione appassionante vuol dire poter affrontare ogni nuovo giorno con il sorriso. Anche le sfide lavorative più ardue diventano infatti un’occasione per misurarsi con se stessi in un campo che si trova congeniale, su un terreno professionale che si può chiamare casa senza aver paura di esagerare.




PROFESSIONALITà.
Essere professionali non significa essere seri: indica che in ogni momento bisogna tener presente che si sta facendo qualcosa con uno scopo ben preciso e che bisogna farlo nel migliore dei modi. E ancora, vuol dire  capire che la professionalità richiede tempo e che si può essere professionisti solo in un settore: il resto è meglio farlo fare a chi è del mestiere. Essere professionali, quindi, significa capire in che cosa si è esperti e delegare a professionisti i lavori per i quali non si è esperti. E’ rispettare gli altri, mantenere criteri di affidabilità, puntualità e correttezza.


Il connubio di questi due fattori uniti alla propria personalità – quel tocco che realmente fa la differenza- portano alla strada del professionalità!



Claudia Siniscalchi – Consulente Aziendale - 

martedì 12 aprile 2016

Lavorare con disciplina è la chiave del successo per esser un buon Leader!

“Una delle chiavi più importanti del successo è avere la disciplina di fare ciò che si sa che andrebbe fatto, anche se non si ha voglia di farlo.”



Sono l’impegno, la disciplina e la perseveranza gli ingredienti principali per la buona riuscita del lavoro.



Una leadership efficace è una qualità importante nel settore professionale. Un leader dotato ha forti capacità nel comunicare, nel motivare gli altri e nel risolvere problemi. Radunare squadre, motivare gli impiegati, valutare le necessità dei clienti e gestire i conflitti sono alcuni dei compiti fondamentali di un leader. Ecco alcune strategie utili per essere un leader di successo sul posto di lavoro.
Andiamo  a vedere alcuni suggerimenti che ti possono aiutare ad esser un leader autorevole sul posto di lavoro.
1. Se volete diventare un leader sul posto di lavoro, dovete imparare ad assumervi la responsabilità di tutto ciò che fate. Questo significa che, all’inizio di qualsiasi progetto che vi vede coinvolti,  potreste esser premiati per il successo, ma anche coinvolti nel suo fallimento.
2. Imparare a gestire tutte le situazioni: facili o difficili che siano. Bisogna adattarsi alle situazioni e trovare sempre la giusta soluzione.
3. Offritevi di fare le cose che possono mettervi in buona luce con il capo e con i colleghi. Un leader corre dei rischi. I leader non hanno paura di fare ciò in cui credono. Per essere un leader sul posto di lavoro, è necessario sapere che dovrete fare cose in più e cose che gli altri non vogliono fare, per dimostrare di essere eccezionali.
4. Pianificare ed organizzare tutto il proprio lavoro. Se vi vengono in mente nuove idee, suggerimenti e/o soluzioni a problemi, scriveteli, non importa se non avete ancora ben chiaro come svilupparli. Se non li scrivete, rischiate che vi possono sfuggire nel caos quotidiano e finire nel dimenticatoio. Concentrati sugli obiettivi dell'organizzazione. Comprendi la visione dell'azienda o del progetto e mantienilo sempre in primo piano. Dai la priorità al successo dell'organizzazione rispetto agli interessi personali nella carriera.
5. Definisci i compiti. Essere un leader sul posto di lavoro spesso comporta il rendersi conto di quando ai lavoratori serve maggior direzione. Questo è importante soprattutto per i nuovi impiegati o per quelli che occupano nuove posizioni. I lavoratori potrebbero aver bisogno di spiegazioni su cosa fare e come farlo. Organizza delle sedute di formazione. La formazione può essere fornita da te, da altri membri della squadra o da un consulente esterno. Personalizza la formazione adattandola alle specifiche necessità dei lavoratori.
6. Imparate a cogliere tutte le opportunità. Non c’ è bisogno di creare o inventare situazioni per metter  in evidenza le vostre doti di leader. Le opportunità sono ovunque. È necessario esser consapevoli che ci sono e coglierle al momento giusto.
7. Siate sempre aperti alle critiche, altrimenti non potete crescere e migliorare. Se accettate i feedback, sia positivi che negativi, confermate i vostri punti di forza e capite meglio quali sono le aree di miglioramento e non.
8. Date sempre il massimo che potete. Offrite agli altri tutto quello che avete: idee, pensieri, progetti.
9. Agevola gli incontri. Organizza riunioni regolari per discutere dettagli di progetti e obiettivi organizzativi.
 10. Coordina gli orari per le riunioni. Programma gli incontri in modo che si adattino alla  disponibilità dei partecipanti.  Prepara un ordine del giorno. Diffondi in anticipo l'ordine  del giorno tra i partecipanti alla riunione e chiedi loro di aggiungere qualunque argomento  di discussione rilevante. Guida le discussioni. Crea le condizioni che permettano a chiunque  di parlare. 

 11. Metti insieme delle squadre di talento. Assumi persone dotate identificando le necessità    di ogni posizione e combinandole con dipendenti qualificati e appassionati al loro lavoro.
 Crea opportunità di crescita per gli impiegati.
 Riconosci e apprezza lo sforzo dei lavoratori.


 12. Affronta i problemi in maniera tempestiva. Fai fronte alle questioni al più presto      possibile. 

martedì 29 marzo 2016

Creare Rapport nella Comunicazione!

Nell'ambito della comunicazione e nella programmazione neuro linguistica (PNL), il  termine rapport (in italiano rapporto o relazione) indica l'instaurarsi di un rapporto di fiducia e affinità reciproca con l’interlocutore.

martedì 8 marzo 2016

Cosa è importante scrivere nella lettera di presentazione!

INNANZITUTTO la lettera di presentazione, che deve precede il Curriculum Vitae è la presentazione di noi stessi da un punto di vista professionale.
Il suo vantaggio è quello di dare già, a chì legge, una conoscenza del nostro profilo professionale.
Ecco cosa non bisogna mai dimenticare nella stesura di una lettera di presentazione:
i dati del mittente (nome, cognome, numero di telefono e indirizzo mail);
i dati del destinatario (possibilmente nome e cognome, per indirizzarla ad una persona precisa);
il luogo e la data (la lettera deve essere aggiornata, non bisogna dare l’impressione di avere inviato un documento datato o lasciato al caso, con testi standard);
il consenso al trattamento dei dati personali aggiornato (con riferimento al d.lgs. 196/2003: deve essere segnalato soprattutto nel Curriculum Vitae, ma indicarlo nella lettera è segno di completezza).

RICORDA: esser coincisi, accattivanti. Bisogna appassionare. Scrivere cose veritiere. La lettere deve essere professionale. Non specificare cose di sé (esempio: amo leggere ecc…mi piace far questo, sono educata ecc…). 

Possiamo suddividere la lettera in tre paragrafi principali:
1) Chi sono e perché sto scrivendo?
E' consigliabile non ripetere nuovamente nome e cognome (a cui sono dedicati altri spazi). Le uniche armi a nostra disposizione sono le parole: non importa quanto appariremo simpatici o affabili nel saperci relazionare tramite la lettera di presentazione (queste saranno carte da giocare in sede di colloquio), ma quanto dimostreremo di saper andare dritti al punto. NO a "mi chiamo Mario Rossi, sono un ingegnere...", e invece Sì a "sono un giovane laureato" (se laureati con il massimo e in breve tempo, si può usare l’espressione "sono un brillante neolaureato in"), oppure se si ha già esperienza, ci si può presentare tramite il ruolo professionale (senza riferimenti alle mansioni, che sono nel CV!): sono un perito chimico, un marketing manager, un ingegnere elettronico, un informatico, un esperto selezionatore, un operaio specializzato, ecc.

2) Perché la mia candidatura deve essere scelta e considerata?
Questa fase rappresenta certamente il paragrafo più importante della lettera di presentazione, ed è spesso l’unica parte considerata attentamente dal lettore del CV. Cambia in base al livello di anzianità professionale di ciascuno (a questo proposito, guarda alcuni esempi). 
Dobbiamo quindi essere perspicaci, stiamo giocando una carta importante, dove inserire sinteticamente ma in maniera efficace:
MOTIVAZIONE: chiarire quelle che ci portano a cercare una specifica posizione di lavoro e parlare dei nostri stimoli: perché abbiamo scelto quell’Azienda piuttosto che un’altra?
OBIETTIVI: gli obiettivi professionali che ci poniamo a breve e a medio-lungo termine. Cosa stiamo cercando in quest’Azienda? Su quali basi pensiamo di poter raggiungere questo traguardo?
QUALITà E PUNTI DI FORZA: possono essere stage e tirocini, altre esperienze di lavoro, tesi e ricerche su tematiche di interesse aziendale, esperienze all’estero, la conoscenza (certificata) di più lingue ed anche un particolare interesse personale per attività strategiche dell’Azienda.

3) Ringraziamenti e conclusioni.
Con la parte conclusiva possiamo appellarci dichiaratamente all’attenzione del lettore (“la ringrazio per l’attenzione”), affermando di essere a disposizione per ogni ulteriore chiarimento riguardo la candidatura e, nel frattempo, di restare in attesa di una sua risposta, invitandolo a contattarci nuovamente, indicando i nostri recapiti diretti e le nostre disponibilità.



Claudia Siniscalchi - Hr Specialist 

martedì 23 febbraio 2016

Il connubio tra Cultura Aziendale e Risorse Umane!

La caratteristica principale dell’ambiente in cui si muove un’ impresa è che nulla è costante, tranne il cambiamento.
La globalizzazione, i mercati emergenti, la variazione dei bisogni di mercati esistenti, lo sviluppo delle tecnologie di produzione, dell’informazione e della comunicazione, sono tutte caratteristiche comuni all’ambiente in cui opera un’azienda.





La domanda che ci poniamo è: ‘Ma essa è veramente in grado di gestire tutti questi cambiamenti?’

Il nostro parere è che sono richiesti non solo un continuo adattamento, che a lungo termine si rivela scarso, ma anche un approccio pro-attivo: nuove idee, creatività e innovazione.
Non è sufficiente avere in azienda un gruppo specializzato in ambito di innovazione in quanto, essa dovrebbe esser una parte integrante della vita lavorativa di tutti i giorni e di ogni lavoratore, indipendentemente dalla loro posizione. Attraverso la cultura aziendale il management  deve creare, mantenere e promuovere uno spirito d’innovazione, ed includere l’innovazione nelle attività giornaliere a tutti livelli e in tutti i settori.


Entra così in gioco, in termine di cultura aziendale:  un insieme di credenze, di norme e di valori condivisi dai membri di un’organizzazione.
Costruire una cultura aziendale solida e condivisa, che riesca quindi a creare un valore aggiunto, non è un’operazione semplice soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento dei dipendenti e la condivisione dei core values.



L’analisi e la valutazione della capacità e della  motivazione del capitale umano gettano le basi per esplorare la realtà aziendale.
Il cambiamento della Cultura Aziendale avviene principalmente tramite il cambiamento operato a livello del ciclo delle Risorse Umane. In altre parole, se vogliamo adattare  la Cultura Aziendale di una determinata organizzazione  al cambiamento di una determinata organizzazione dobbiamo andare a lavorare su ognuna delle 10 attività che costituiscono la gestione delle risorse umane.
Per ciclo delle risorse umane intendiamo la relazione circolare fra le seguenti attività: selezione, formazione, valutazione delle 3 p, retribuzione, comunicazione, clima lavorativo, relazioni sindacali, organizzazione del lavoro, produttività e costo del lavoro.
Per spiegare l’interrelazione fra Cultura Aziendale e HR ci è utile fare un semplice esempio. Prendiamo un’azienda che voglia che il servizio al cliente diventi un nuovo valore: è cambiato lo scenario competitivo, per cui ci si rende conto che uno dei fattori di successo diventa appunto il modo in cui si eroga il servizio al cliente.
Per cui, per implementare concretamente questo nuovo valore, si deve andare ad agire su ognuna delle leve descritte precedentemente: 1) selezione: si assumeranno persone con profili caratteriali ed esperienziali incentrati sulla capacità di relazionarsi con l’altro e sulla capacità di risolvere i suoi problemi; 2) formazione: il personale sarà formato costantemente per erogare un buon servizio al cliente; 3) valutazione delle 3p: per quanto riguarda la valutazione della prestazione, si andrà a valutare il grado di servizio svolto dal dipendente nei confronti del cliente, mentre per la valutazione del potenziale si andrà a vedere se il dipendente ha la capacità di sviluppare potenzialmente, nel suo percorso di crescita, un servizio al cliente adeguato alla nuova posizione lavorativa ed infine, per quanto riguarda la valutazione della posizione, si modificheranno le vecchie posizioni e se ne creeranno di nuove all’interno dell’organigramma in modo da creare un’azienda che, nel suo complesso, sia estremamente attenta al cliente; 4)retribuzione: si andranno a pagare maggiormente le persone il cui lavoro impatta maggiormente sul servizio al cliente e si andranno a dare incentivi relazionati al livello di servizio al cliente raggiunto da ognuno con il proprio lavoro; 5) comunicazione: si andrà a ribadire in tutte le occasioni il nuovo ruolo del servizio al cliente; 6) clima di lavoro: si andrà a monitorare con opportune indagini che incidenza ha l’implementazione pratica del nuovo valore sul benessere dei dipendenti; 7) relazioni sindacali: a questo livello si andrà a sottolineare come il nuovo valore del servizio al cliente possa essere veramente implementato se a monte ci sarà attenzione verso i dipendenti;
8) organizzazione del lavoro: si cercherà di creare una organizzazione tale da essere impattante nei confronti del cliente;
9) produttività: si calcoleranno livelli di produttività del lavoro adeguati per erogare un buon servizio al cliente;          
10) costo del lavoro: si calcolerà un adeguato servizio del costo del lavoro per erogare un buon servizio al cliente.

La Cultura Aziendale quindi può essere modificata andando ad agire su ognuna di queste leve. Naturalmente, a seconda del budget e del tempo a disposizione, si preferiranno alcuni interventi al posto di altri anche se, ci teniamo a sottolineare, che una vera trasformazione culturale implica che ci sia un lavoro oculato e coerente su tette le aree.


“Bisogna guidare da dietro lasciando credere agli altri di essere davanti” – Nelson Mandela - 

Claudia Siniscalchi - Hr Specialist 

venerdì 5 febbraio 2016

Fronteggiare gli imprevisti: la Resilienza!

I

In psicologia la resilienza rappresenta  la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Vengono definite persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.





Perché proprio a me? Che senso ha quello che mi è capitato? 
Quante volte, direi anche spesso, ci poniamo domande di questo tipo? Domande da cui non è possibile sfuggire: solo cercando una risposta chiarificatrice, un senso, è possibile infatti ridefinire la propria sofferenza, che può essere vista come un valore aggiunto, e fonte di maggiore sensibilità verso le bellezze della vita. 
Essere resilienti non significa infatti solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita. Si tratta di un dono inestimabile, che permette di superare le difficoltà, ma che non rende invincibili, e non è neppure presente sempre e comunque: possono infatti verificarsi momenti in cui le situazioni sono troppo pesanti da sopportare, generando un’instabilità più o meno duratura e pervasiva. Non esistono i Superman, e non si è dei supereroi per il solo fatto di essere stati resilienti in passato, anche se è indubbio che la forza delle battaglie superate predispone l’individuo a lottare con maggior consapevolezza.
Allenare la resilienza ci permette di aver gli strumenti necessari per fronteggiare l’imprevisto. Esser calmi, soffermarsi a ragionare, non andar nel panico, imparare ad ironizzare . Ricordarsi che c’è sempre la possibilità di trovare un’alternativa, creiamocela.
Nulla accade per caso.

La vita non è aspettare che passi la tempesta ma…imparare a ballare sotto la pioggia! – Gandhi - 



Imparare a gestire al meglio il tuo team di lavoro: in una sola parola Motivazione! 
Scegli il #teamimprenditivo


Claudia Siniscalchi - Hr specialist 

mercoledì 3 febbraio 2016

Qualità per esser un buon Manager!

“La parti del corpo essenziali di un manager: Il management comprende cuore; stomacoanimanaso. Quindi comanda col cuore, fidati del tuo stomaco, metti l’anima nell’organizzazione, e sviluppa un fiuto per le cazzate.” 
– Tom Demarco -


Secondo le nostre ricerche, esperienze sul campo e professionali, possiamo dire – pur non essendoci un modello di riferimento specifico –che tutti i buoni manager possiedono 4 competenze di base che permettono loro di gestire al meglio i propri team. Grazie a queste qualità, il manager incontrerà meno difficoltà nel lavoro quotidiano, saprà risolvere al meglio situazioni complesse e sarà in grado di supportare ed aiutare le sue risorse.
Andiamo a veder quali sono.

Saper anticipare.
Essere un passo avanti al proprio team è importante per poter dare la giusta guida. Un buon manager deve identificare con anticipo i bisogni e portare delle risposte rapide che prendano in considerazione tutte le conseguenze. In sintesi un buon manager deve dare prova di reattività e visione strategica al fine di ridurre al minimo gli impatti sulla propria struttura.
Essere un buon comunicatore.
Essere alla guida di una squadra richiede una eccellente capacità di gestione dei conflitti e grandi doti di comunicazione per evitare incomprensioni: ascolto, dialogo e soprattutto trasparenza sono le parole chiave di un manager che comunica bene.
Essere meritocratico e non lasciarsi influenzare.
Oggi esistono molti sistemi e strumenti di valutazione che permettono di gestire al meglio le performance  di ogni persona che lavora per una azienda o in un team. Bisogna essere bravi nel definire chiaramente a priori cosa ci si aspetta dalle persone per poi poterle valutare correttamente. Ogni valutazione a posteriori basata su obiettivi non condivisi rischia di non essere capita e condivisa.
Essere un modello.

E' importante che i manager siano ineccepibili nel loro modus operandi, perché è molto facile che diventino l'esempio e il punto di riferimento di coloro che lavorano con loro.

www.imprenditivo.it



Claudia Siniscalchi - manager aziendale 

giovedì 21 gennaio 2016

Assessment Center

Investire nelle risorse umane: questa la sfida delle aziende oggi! Scopriamo insieme cos’è un ASSESSMENT CENTER! 



L'Assessment Center (AC) è una metodologia di indagine in grado di fornire informazioni analitiche circa le competenze, le capacità, le attitudini, le motivazioni e il potenziale di sviluppo delle persone coinvolte.  Gli ambiti di applicazione sono molteplici:
  • Selezione di personale in ingresso; 
  • Mappatura del patrimonio umano aziendale; 
  • Valutazione del potenziale;
  • Verifica del possesso di capacità fondamentali in alcune risorse-chiave con attuale o futura responsabilità manageriale;
  • Identificazione di bisogni specifici di formazione gestionale o relazionale.



L’ AC prevede l’applicazione integrata di un insieme di strumenti di rilevazione (Test, In basket, Questionari motivazionali, Dinamiche di gruppo e altre prove individuali), ciascuno dei quali indaga specifiche aree tematiche. I diversi esercizi si propongono quali “catalizzatori” per l’emergere di caratteristiche personali, stimolando e rendendo immediatamente osservabili alcuni comportamenti, atteggiamenti, qualità delle persone. L’artificiosità della situazione può in parte condizionare reazioni e prestazioni. 





Per ridurre il rischio di distorsione, la corretta applicazione del metodo prevede:

  • l’integrazione delle osservazioni effettuate dai diversi Assessor;
  • una verifica di congruenza tra gli esiti delle diverse prove;
  • l’interpretazione degli elementi di interesse a valle del confronto diretto con ogni persona (colloquio individuale).

Le fasi di preparazione: 
  • definizione degli obiettivi di rilevazione (selezione, valutazione del potenziale, counselling, formazione); 
  • descrizione del job e dei profili professionali (ove necessario); 
  • identificazione delle dimensioni di valutazione e loro ponderazione; 
  • scelta ed eventuale realizzazione ad hoc delle prove; 
  • formazione degli Assessor, 
  • gestione del setting di valutazione; 
  • feedback ai partecipanti.

“Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra che si vincono i campionati” – Michael Jordan


Claudia Siniscalchi - Hr Specialist 

lunedì 11 gennaio 2016

Cos'è una job description?

Una job description è un moderno strumento per la descrizione e la corretta interpretazione delle principali caratteristiche di una posizione organizzativa. In essa ritroviamo, in sintesi, il nome della posizione, le mansioni svolte, il posizionamento gerarchico e le relazioni con le altre funzioni organizzative.
Una job description è di solito sviluppata partendo da una preliminare job analysis, volta a comprendere attività, responsabilità e scopo della posizione all’interno dell’organizzazione, insieme alle conoscenze e competenze necessarie per la copertura ideale del ruolo in esame. Nel riguardo: 
  1. titolo e descrizione della posizione lavorativa;
  2. principali funzioni;
  3. obiettivi del ruolo;
  4. posizione gerarchica e relazione con le altre funzioni;
  5. titolo di studio ed esperienze precedenti di lavoro richieste;
  6. competenze e qualifiche richieste;
  7. interfacce interne ed esterne con cui la figura scelta si dovrà relazionare;
  8. numero e caratteristiche delle persone che vengono gestite direttamente ed indirettamente;
  9. principali difficoltà che la posizione lavorativa comporta;
  10. possibilità e modalità di carriera;

All’interno di una job description, inoltre, possono trovare posto anche i dettagli delle attività previste in un possibile sviluppo di carriera. 
Queste informazioni consentono ad un Consulente di Selezione d'eseguire la ricerca di personale qualificato che più corrisponde alle esigenze del soggetto che offre lavoro.
Senza una Job Description adeguatamente compilata la qualità di un progetto di ricerca e selezione può risultare inadeguata. 




Pertanto, prima d'iniziare la ricerca di personale qualificato, occorre identificare con precisione il tipo di profilo ricercato.
Nel momento in cui un'azienda ha la necessità d'utilizzare una società di recruiting per la ricerca di personale qualificato è opportuno che documenti le proprie richieste attraverso la compilazione di una Job Description.
È inoltre importante che chi redige una Job Description abbia una completa comprensione e conoscenza dei doveri e delle responsabilità di un determinato ruolo. Si può redigere una Job Description utilizzando anche le parole chiave pertinenti, in modo tale che un annuncio di lavoro pubblicato nel web sia facilmente rintracciabile da parte di candidati che sono alla ricerca di un'occupazione specifica.


Le funzioni di una job description sono varie e possono spaziare da una fase preliminare di selezione del personale fino a momenti successivi di valutazione o formazione delle proprie risorse.

Claudia Siniscalchi - Hr Specialist